È record per Jürgen Klopp: sesta vittoria su sei boxing day disputati da quando allena i Reds. Comodo 0-2 per il Liverpool, che annienta il tentativo di impresa del Burnley al Turf Moor, dominando in lungo e in largo per tutto il match.
Tanti gli assenti per Klopp, che si ritrova con una rosa decimata in due reparti su tre: agli infortuni a lungo termine ormai noti di Robertson, Thiago, Bajčetić, Matip, Tsimikas e Mac Allister si sommano quelli di lieve entità o in via di ripresa di Díaz e Diogo Jota, i quali riusciranno tuttavia a trovar spazio nella fase finale del match, risultando decisivi. Questa la formazione schierata da Klopp:
PRIMO TEMPO
Inizia il match e dopo pochi minuti di pressing reattivo e fraseggi vivaci nella metà campo avversaria, i Reds trovano subito il goal del vantaggio con una rasoiata di interno piede di Darwin Núñez al limite dell’area, generosamente assistito da Gakpo dal vertice di sinistra.
Partita subito in discesa, dunque, ma il nostro atteggiamento in campo pare fortunatamente non esser appagato: continua il pressing immediato nella metà campo avversaria con una partecipazione collettiva e alquanto reattiva, con il pallone che è praticamente sempre in nostro possesso. Controllo totale dei ritmi, del campo e dell’avversario.
La novità tattica, nonché a parer personale la chiave del primo tempo, è l’inversione di ruolo fra Gakpo e Núñez, con l’olandese non più limitato al “firminiano” ruolo di falso nueve, ma più libero sulla fascia di sinistra. Alle funambolesche giocate di un Gakpo, davvero rinvigorito dal suo ruolo naturale, si aggiunge il movimento incessante e la “garra” uruguagliana di Darwin, che oltre a non dare alcun riferimento ai difensori avversari, lotta con questi su ogni pallone con dedizione encomiabile.
Proprio da questi due nasce, un minuto dopo il goal, il fraseggio che porta Salah a sfiorare il goal del raddoppio, che, accentrato al limite dell’area, sfodera un siluro disinnescato felinamente da Trafford. Mal di testa, tanto timore e poca lucidità in entrambe le fasi per i Clarets, che nella propria area di rigore appaiono sempre più goffi e imprecisi nell’arginare definitivamente le nostre straripanti azioni offensive, concedendoci più chance del dovuto ad ogni attacco.
Dopo l’ennesimo splendido fraseggio fra i nostri numeri 11 e 9 e il solito pasticcio dei difensori del Burnley, arriva infatti un altro miracolo di Trafford sulla conclusione di Gakpo all’altezza del dischetto, il quale ribatte pochi secondi dopo a rete un gol giudicato da Tierney irregolare per un presunto e precedente fallo di Núñez. Si segnala infine in questo intenso e vivace primo tempo una conclusione dal limite molto pericolosa di Endo e la traversa di Salah al 33esimo, ancora una volta con un siluro terra aria dal limite dell’area, dopo il lancio perfetto di Gakpo a scavalcare uno dei pochi pressing condotti, sempre slegatamente, dalla formazione di Kompany.
SECONDO TEMPO
I Reds sanno, da squadra matura ed esperta, che il modo migliore per passare un pomeriggio tranquillo e subire il meno possibile è quello di tener palla e lasciare addormentare il match. Inizia così un possesso palla più prudente e meno frenetico, acceso tuttavia improvvisamente da un fiducioso e coraggioso Endo, che permette ad Elliott di chiudere un rapido triangolo con Gravenberch e battere a rete il gol del due a zero. Niente da fare purtroppo, Tierney vede fuori gioco passivo di Salah e cancella anche la gioia di Elliott, permettendo nuovamente al Burnley di rimanere in partita.
I Clarets, rinvigoriti, paiono da qui rinascere: pressing più efficace, linee più compatte e un paio di giocate individuali che mostrano una parvenza di pericolosità per la formazione di Klopp. Dopo un quarto d’ora più silenzioso e sofferto del Liverpool, pare ristabilirsi quella tranquillità e controllo sul match visti nella prima ora di gioco, fatta eccezione per il tentativo di suicido di Endo, che regala una gigantesca occasione ai Clarets sbagliando velenosamente un passaggio abbastanza elementare in costruzione.
Le forze fresche subentrate dalla panchina si rivelano decisive per chiudere finalmente e definitivamente il match: prima Díaz impegna Trafford per un altro miracolo, dopo esser stato servito in area di rigore dal solito lancio beckhamiano di Alexander-Arnold, poi lo stesso colombiano serve a Jota il pallone decisivo per il due a zero, al novantesimo scoccato.
La concretezza del ritrovato portoghese, che conclude a rete un goal assai più complicato di quel che può esser sembrato – e che ha fatto sembrare -, è quel che è mancato al Liverpool abbastanza sprecone visto negli ultimi due big match.
È doveroso, infine, segnalare un ottimo Elliott, sempre presente fra le linee, mai una giocata fuori posto, mai una giocata banale, sempre altruista nell’ultimo passaggio nonostante veda benissimo la porta. Partita che, con o senza coronamento del gol annullato da Tierney, mostra tutti i passi in avanti fatti da questo ragazzo in termini di costanza.
Ad ogni modo, tre punti che non possono esser dati per scontati in una delle Premier League più equilibrate e complicate degli ultimi anni, capace di nascondere insidie in ogni match, rappresentate da squadre bramose di fare l’impresa biblica ad Anfield o regalare una gioia ai tifosi nel proprio stadio.
Vedere il Manchester City quarto, nonostante le partite in meno, riflette la difficoltà che ha raggiunto e che raggiungerà sempre più questa Premier. Portiamo a casa three points e soprattutto una prestazione più che convincente, difensivamente e finalmente anche offensivamente.
Il Liverpool è stato chiamato a vincere ed ha risposto presente, guidando la classifica in attesa del match londinese fra Hammers e Gunners.
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