Un luogo chiamato casa

Non si è ancora dileguata l’eco della qualificazione alla finale della Coppa di Lega, che ha fruttato il terzo viaggio a Wembley in due anni, e, curiosa coincidenza, per la terza volta consecutiva, sebbene in competizioni diverse, ad attendere i Reds a Londra ci sarà il Chelsea, che si riparte. Stavolta sarà FA Cup contro il Norwich City.

Dopo il sorteggio esplosivo contro l’Arsenal al terzo turno rappresenta una golosa occasione per issarsi agli ottavi di finale e vedere Londra laggiù, nella vallata inondata di sole del Maggio inglese. Si gioca ad Anfield, in un momento nel quale il Liverpool appare avvolto da una aura di magica solidità mentale, e dalla sfrontatezza propria di chi è consapevole di possedere le capacità di affrontare qualunque avversario ad armi pari.

Avvolto nel mantello di una forza che, di volta in volta, si manifesta dentro prestazioni che contengono un presagio. Mercoledì sera, a Craven Cottage, contro un Fulham niente affatto in disarmo, ma anzi capace di mettere gli uomini di Klopp alla corda, i rossi hanno sfoderato una partita difensiva sontuosa, lasciandosi per una notte alle spalle le consuete amnesie che qualche volta obbligano la squadra a ricostruire daccapo le partite.

Si sono viste due cose su tutte nella semifinale del Craven: che Bradley avrà un futuro scintillante e che, ma non c’era alcun dubbio, il genietto portoghese, al secolo Diogo Jota, potrà, lá dove Klopp lo ritenga opportuno, sostituire Salah fermo ai box dopo l’infortunio patito in Coppa d’Africa.

Un infortunio che si somma a quelli fino ad adesso collezionati ma che, ed è questa la notizia che scalda il cuore delle tifoseria in rosso, come gli altri sembra non lasciare alcuno strascico nella mente e nei cuori dei giocatori, saldi come solo menti e cuori di quelli che credono fortemente in se stessi sanno essere.

Il club di Anfield, partito tra mille mugugni e uno scetticismo dilagante dopo i tumulti del mercato estivo, è in corsa su ogni fronte. Battere il Norwich City, l’imperativo, per rimettere le chiavi nella toppa della porta attraverso la quale si accede alla suggestione. Si susseguono le stagioni, inverno prima, primavera poi, ma il Liverpool torna ogni volta in quella che, da sempre, chiama casa: Wembley.

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2 risposte a “Un luogo chiamato casa”

  1. Avatar Armando
  2. Avatar Fabrizio Speciale

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