Il Liverpool hanno battuto il Wolverhampton 2-0 – squadra che il destino ci ha messo di fronte per ben tre volte alla fine ma, purtroppo, solo per finali amari – nel triste giorno dell’ultima partita di Klopp sulla panchina dei Reds; evento che non poteva non avvenire ad Anfield.
Ovviamente la partita è passata totalmente in secondo piano, ma si sperava vivamente di dare al nostro mentore un saluto degno. Per questo match di addio, Klopp ha schierato la seguente formazione:
PRIMO TEMPO
Già prima del fischio iniziale iniziano i saluti dello stadio con tanti striscioni che inneggiano a Klopp, tra cui si distingue quello che recita “Doubters, Believers, Conquerors”.
Ovviamente il “You’ll Never Walk Alone” è da brividi e Jürgen è già visibilmente emozionato. I tifosi iniziano ad invocare anche i nomi dei grandi ex, come Firmino, Mané, Origi, etutti grandi protagonisti di questi anni.
Il match ovviamente passa in secondo piano, con un Liverpool che ci prova, ma non fa registrare nessuna occasione clamorosa, poi al minuto 28 Semedo si becca un rosso per fallo su Mac Allister dopo l’intervento del VAR. Episodio importante, infatti dopo soli 6 minuti passiamo proprio con Mac Allister, che insacca su cross di Elliott dalla destra; confermandosi re degli assist.
Al minuto 40 arriva il raddoppio con Quansah, ancora a segno dopo Birmingham, ma stavolta è un semplice tap in sulla linea di porta, che segna definitivamente l’ultimo goal dell’era Klopp.
Al minuto 49 è Salah ad andare vicino al tris con un tocco morbido all’altezza del secondo palo, ma il portiere fa in tempo a smanacciare. Si chiude la prima frazione sul 2-0 e ci aspettiamo un secondo tempo da passerella ed accademia.
SECONDO TEMPO
Inizia la ripresa e il Liverpool continua a girare alla grande. Tra il minuto 47 e il 50 succede di tutto: goal annullato a Mac Allister e due legni incredibili colpiti da Díaz. In campo c’è solo una squadra ma al minuto 68 Van Dijk deve salvare su Cunha.
I Reds controllano senza nessun problema e tutti ormai aspettiamo solo il fischio finale, che arriva al minuto 94.
Iniziano i saluti di tutti, incluso gli avversari e appare lo striscione che dice “You made the people happy”.
Klopp fa fatica a lasciare il terreno di gioco, perché il mix di emozioni che sente turbinare dentro di sé è enorme ed anche per noi è difficile trovare le parole per descrivere cosa ha rappresentato per noi.
Cerchiamo di farlo con la maggiore lucidità possibile: il Liverpool, al suo arrivo, veniva da 13 anni disastrosi, un periodo in cui aveva vinto solo una Carabao Cup, e per giunta ai rigori, contro un avversario modestissimo come il Cardiff City. Il problema a Liverpool non era solo di natura tecnica, ma anche mentale, perché l’ambiente era davvero depresso, scarico, oppresso da una cappa di mostruosa negatività che sembrava inesorabile, come se il fato avesse deciso che per questo club la gloria fosse preclusa per sempre.
Ormai eravamo immersi nella ruggine di una storia che era stata, ma non era più, perché troppo lontana, persa nella nebbia di un tempo che sembrava appartenere all’epica, non più alla storia. Era stato un errore confermare Rodgers dopo il finale della stagione precedente, ma ormai gli errori accumulati negli anni ci sembravano talmente innumerevoli ed infiniti, che ormai avevamo perso il conto. Tutto sembrò cambiare nel giorno in cui venne annunciato Klopp, che esordì dicendo che non è importante quello che dicono di te quando arrivi, ma quello che diranno quando te ne vai.
Purtroppo il tempo scorre veloce e questi anni sono sembrati molto brevi, perché intensissimi e vissuti sempre a velocità supersonica. Quello che dobbiamo guardare è l’impatto che quest’uomo ha avuto sul club, sui giocatori, sull’ambiente, sulla tifoseria. Klopp ci ha fatto sognare, ci ha fatto vivere anni da protagonisti, nonostante la presenza di colossi finanziari, ma il tedesco ha avuto la capacità di tener testa a giganti, che hanno avuto bisogno anche di una grossa dose di fortuna (e non solo) per avere ragione del Liverpool.
Klopp resterà nella storia del club per essere stato colui che ci ha fatto rivincere la Premier League dopo un’attesa enorme, durata ben 30 anni, ma che ci sono sembrati due secoli. Non dimenticheremo mai la sua commozione dopo la vittoria del campionato, quando anche una leggenda come Dalglish aveva gli occhi lucidi e pieni di gratitudine nei suoi confronti.
Il nostro manager ha dato tutto se stesso a questo club, al punto di essere arrivato stremato alla fine del suo nono anno, infatti appare anche notevolmente invecchiato, soprattutto se guardiamo i filmati di quando arrivò. Sì, 9 anni non sono pochi per nessuno, ma i suoi ne valgono 27 di una vita normale. A proposito di normale, lui, all’arrivo, si fece subito nominare il “Normal One”, ma per il Liverpool è stato davvero “Special” e ora tutti sappiamo che il vuoto che lascia è grande e che il suo erede, a cui facciamo i migliori auguri, non ha un compito facile.
Jürgen appariva già da un paio di mesi stanco, esausto o, come dicono gli inglesi, “drained”, perché le sue energie si sono davvero prosciugate al servizio della nostra squadra. Forse tra un anno, più rilassato e riposato, si pentirà di aver lasciato, come accadde a Shankly, e tornerà con il pensiero nostalgico sulla nostra panchina. A proposito di Shankly, possiamo dire che anche Klopp era sicuramente fatto per il Liverpool e che il Liverpool era fatto per lui. In quel momento storico solo lui era l’uomo adatto e i fatti ci hanno confermato che quella scelta era la migliore possibile, ma adesso dobbiamo rassegnarci all’addio, come a tutti gli altri tristi congedi di tanti simboli del club.
Consoliamoci pensando che, se abbiamo avuto tanti tristi addii, è perché abbiamo avuto tanti personaggi straordinari. Facciamo ovviamente gli auguri a Klopp per il suo futuro, ovunque sarà e speriamo di vederlo spesso ad Anfield come gradito ospite, perché le nostre leggende, in realtà, non dicono mai addio ma solo arrivederci.
Descrivere le sensazioni di tutti noi in questo momento è difficile, certe cose non possono essere espresse a parole e, come diceva Leopardi, “lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno”. Si potrebbe continuare a lungo con una serie di aggettivi elogiativi, ma quando i sentimenti sono forti e veri, ogni ridondanza è sacrilega. Mi sembra giusto chiudere citando la lettera di addio che Klopp ha scritto al Liverpool Echo:
“Per me Liverpool è la città dalle braccia aperte, un posto che ti accoglie come un figlio e non gli importa da dove vieni, vuole solo che tu ne faccia parte e non potrei essere più orgoglioso del fatto che mi abbiate permesso di avere questo incredibile privilegio. Dentro e fuori dal campo, abbiamo creato tra di noi ricordi che vivranno con me per sempre”.
Grazie Jürgen, grazie di tutto, grazie di cuore, grazie di essere stato uno di noi, ma soprattutto il nostro capitano che non camminerà mai da solo.
O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio è terminato;
la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato;
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta.
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