È il Merseyside derby a decidere le sorti dell’annata rossa, e lo fa in un Mercoledì sera che gela le vene anche dei più speranzosi. L’Everton batte i ragazzi di Klopp per 2-0, con le reti di Branthwaite prima e Calvert-Lewin poi, a siglare la seconda vittoria negli ultimi 14 anni contro i Reds.
Cala il sipario dunque sulla stagione del Liverpool e sulla meravigliosa avventura di Jürgen Klopp sulla panchina dei Reds, e lo fa forse nella partita meno opportuna, in casa dei nemici di sempre, che non aspettavano altro che un nostro goffo scivolone.
Questo l’undici iniziale scelto dal manager tedesco:
LA PARTITA
Nonostante le avvisaglie di inizio match, con un rigore annullato per fuorigioco e un salvataggio di Alisson, la retroguardia difensiva del Liverpool non ha ritenuto opportuno trovare delle contromisure alle costanti minacce da palle inattive (peraltro sempre presenti nelle sfide contro l’Everton) e il climax di questa stagione si è raggiunto proprio nella prima rete, dove dopo una serie di carambole in area di rigore (complice anche un Mac Allister, a cui però poco si può dire di questi ultimi mesi) la palla giunge a Branthwaite che decide di fare un favore ad Alisson, passandogliela con delicatezza. In casa Liverpool però è Natale da quasi due mesi e quindi il portierone brasiliano ricambia il favore, con una mezza papera che permette alla sfera di scivolare lentamente oltre la linea di porta.
Il secondo goal, per quanto possibile, è ancora peggio: se nel primo ci si poteva lagnare della solita sfortuna, il successivo ha poche scuse, data l’inconsueta scelta a 2 metri dalle mura di Alisson di lasciar impattare la palla al miglior colpitore di testa della squadra avversaria, che ringrazia, esulta e fa 2-0.
A legger queste righe, si potrebbe pensare che in retroguardia la situazione sia davvero critica, ma come diceva un vecchio saggio: l’erba del (reparto) vicino è sempre meno verde. Già, perché se dietro ci sono oscenità da campionato di seconda divisione, davanti, in attacco, lo spettacolo è aberrante: per l’ennesima volta nelle ultime settimane il Liverpool calcia 23 volte verso la porta avversaria, con una media di Expected Goals (xG) che si aggira attorno allo 2.10 (in pratica, come se avesse avuto quasi 3 rigori a disposizione, per intenderci), il tutto per siglare la bellezza di 0 reti.
Non c’è un responsabile preciso, anche perché sarebbe ingiusto accanirsi contro il singolo, ma anche il più cieco individuerebbe Núñez e Salah come i due colpevoli maggiori (anche perché il colombiano, che si spacca la schiena per 90 minuti, non può essere sempre lucido).
Le grandi squadre sono tali anche per il loro cinismo e non sempre e solo per il gioco espresso. Il Liverpool quest’anno ha presentato numerose lacune difensive, sicuramente influenti alla fine dei percorsi nelle rispettive competizioni, ma la grande falla è stata in fase offensiva, dove non c’è stato sempre il coniglio dal cilindro a salvarti, e non si vincono i campionati con una rete ogni 20 e passa tiri.
I ragazzi di Klopp dunque, in un match che li vede orripilanti sotto tutti i punti di vista, salutano l’ultimo trofeo per cui erano ancora in corsa, forse nel più brutto dei modi… e nella peggiore delle partite.
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